Diciamoci la verità: un po’ per superstizione e un po’ per scaramanzia noi italiani preferiamo non fare testamento. Pensiamo “Tanto si è sempre in tempo e poi cosa vuoi che succeda, quando avrò tra i 70 e 80 anni ci penserò, adesso non è proprio il momento!” oppure “Quando non ci sarò più se la vedrà chi prenderà la mia eredità! ” Lo sappiamo tutti: pensare agli eventi spiacevoli della vita non è bello, però vi assicuro che non essere lungimiranti può costarci molto caro e pesare sulle persone a noi care.
La scomparsa di un famigliare è certamente uno dei momenti più difficili della nostra vita. Oltre al dolore bisogna poi fare i conti (nel vero senso della parola) con gli effetti giuridici di tale avvenimento. La legge sulle successioni (risalente al 1970), prevede che i discendenti si facciano immediatamente carico del passaggio generazionale. A decorrere dal giorno della morte del famigliare, gli eredi hanno 12 mesi per presentare la successione all’Agenzia delle Entrate ed evitare sanzioni.

Cosa significa presentare la successione? Vuol dire calcolare tutte le attività e le passività intestate al defunto (de cuis), ossia crediti e debiti. Ad esempio: tutti i beni mobili, immobili, attività finanziarie e partecipazioni societarie. Una volta sommati tutti i valori delle attività, se ci sono, bisogna sottrarre le passività (mutui, prestiti, affidamenti, ecc…) così da determinare il patrimonio netto sul quale applicare le imposte di successione. Tra costi notarili, imposte ipotecaria e catastale (agevolate per la prima casa), imposta di successione e tributi di vario genere, spesso gli eredi si trovano impreparati nell’affrontare tutte queste spese.

Una cosa importante: la pratica di successione è obbligatoria se si ha un valore mobiliare da ereditare superiore a centomila euro o e se l’eredità comprende beni immobili o diritti reali immobiliari, altrimenti si è esenti.

Per l’imposta di successione abbiamo le seguenti aliquote: coniuge e parenti in linea retta 4%; altri parenti fino al quarto grado, affini in linea retta e collaterale fino al terzo grado: 6%; altri soggetti: 8%.

Sono previste quote di esenzione: di un milione di euro per ciascun erede in linea retta e per il coniuge; di cento mila euro per ciascun fratello e sorella; di 1,5 milioni di euro per portatori di handicap grave e senza limiti di importo a favore di enti no profit.

Da questo punto di vista l’Italia risulta di gran lunga essere un “paradiso fiscale” rispetto ad altri Paesi Europei, quali Francia, Germania, Spagna ad esempio, dove le aliquote medie sono pari al 30% circa per il coniuge e parenti in linea retta e 60% circa per i collaterali.

A chi spetta il patrimonio e come si stabilisce lo prevede la normativa vigente, ci sono due strade: nel primo caso gli eredi sono stabiliti per legge secondo un ordine ben preciso che da priorità ai famigliari più stretti del de cuius (coniuge, figli naturali, legittimi, legittimati, adottivi) oppure discendenti (nipoti). Qualora non ci fossero figli o discendenti concorrono all’eredità gli ascendenti (genitori o nonni) e i fratelli con il coniuge. In mancanza di questi rientrano i parenti collaterali fino al sesto grado, e infine lo Stato. Fate attenzione: senza testamento non si possono scegliere beneficiari differenti.

Il patrimonio personale si può trasferire ai propri cari in diversi modi. Ad esempio con una polizza vita, gli importi liquidati a favore del beneficiario o dei beneficiari, non rientrano nella massa ereditaria perché il contratto di assicurazione è tipicamente un contratto stipulato a favore di terzi e il beneficiario in caso di morte può anche non essere un erede. Inoltre la liquidazione al beneficiario della polizza non è assoggettata alle imposte sulla successione. Le polizze vita pertanto consentono di evitare completamente l’applicazione delle imposte di successione.

In conclusione è bene affidarsi ad un consulente che sappia guidarvi verso prodotti finanziari più in linea con le vostre esigenze di oggi e di domani, sia in tema di successione che di ottimizzazione fiscale.